Pagine
- HOME
- IL LATO ESTREMO
- FUORI LUOGO
- AGORA'
- LA LAMPADA DI ALADINO
- ALTA TENSIONE
- FINESTRA ERETICA
- ARTE
- SOCIETA' DI MUTUO SOCCORSO
- I DOSSIER
- I LIBRI DI GACCIONE
- BIBLIOTECA ODISSEA
- SEGNALI DI FUMO
- I TACCUINI DI GACCIONE
- NEVSKIJ PROSPEKT
- LA GAIA SCIENZA
- LIBER
- GUTENBERG
- GROUND ZERO
- LA CARBONERIA
- CAMPI ELISI
- LA COMUNE
- OFFICINA
- QUARTIERE LATINO
- IL PANE E LE ROSE
- MARE MOSSO
- LITTERAE
- DALLA PARTE DEL TORTO
- NO
- NOTE
- FORO
- KAOS
- LUMI
- ARCA
- CIAK
- IL GIURAMENTO DI IPPOCRATE
UNA NUOVA ODISSEA...
DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES
Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.
Angelo Gaccione
LIBER
L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

(foto di Fabiano Braccini)
Buon compleanno Odissea

1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)
domenica 1 giugno 2025
NOVITÀ IN LIBRERIA
TUTTO È ARTE, NIENTE È PIÙ ARTE
di Alida Airaghi

Jean Baudrillard
Il complotto dell’arte, raccolta di
saggi che Jean Baudrillard scrisse negli anni ’90 del secolo scorso, ha
provocato per più di un decennio roventi polemiche tra critici, artisti e
appassionati per il tono irrisorio e requisitorio con cui il sociologo francese
metteva alla berlina la produzione pittorica del ventesimo secolo. “Tutto il
movimento della pittura ha rinunciato al futuro e si è volto al passato. Citazione,
simulazione, riappropriazione… l’arte attuale si limita a riappropriarsi in
modo più o meno ludico, o più o meno kitsch, di tutte le forme e le opere del
passato, vicino o lontano, o addirittura già contemporaneo”. Gli strali feroci
di Baudrillard sono rivolti non solo all’arte figurativa, ma anche al cinema:
“un’orgia di mezzi e di sforzi impiegati a squalificare il film con un eccesso
di virtuosismo, di effetti speciali, di cliché megalomani… Più ci si avvicina
alla definizione assoluta, alla perfezione realistica dell’immagine, più si
perde la forza di illusione”. Ecco la grande assente dal panorama artistico
contemporaneo: l’illusione, e con essa l’incanto, l’immaginazione, il
desiderio, l’enigma. Ogni tipo di espressione artistica sembra tesa al “metalinguaggio
della banalità”, a parlare e a straparlare di se stessa, snobbando il mondo
reale, nell’idolatria dell’apparenza e dell’artificialità. “Oggi, tutte le cose
vogliono manifestarsi. Gli oggetti tecnici, industriali, mediatici, gli
artefatti di ogni specie vogliono significare, essere visti, essere letti,
essere registrati, essere fotografati… Oggetti feticci, senza significato,
senza valore, specchio del nostro radicale disincanto del mondo”.
![]() |
Jean Baudrillard |
Baudrillard osserva che a partire da Duchamp, per arrivare a Warhol e a
Koons, ci siamo tutti (artisti, critici, pubblico) resi complici di questa derealizzazione
dell’arte, diventata oggetto di consumo prestigioso, come qualsiasi altro
affare commerciale: “Tutta la duplicità dell’arte contemporanea sta proprio in
questo: rivendicare la nullità, l’insignificanza, il nonsenso, mirare alla
nullità essendo già nulla. Mirare al nonsenso essendo già insignificante.
Aspirare alla superficialità in termini superficiali”. A questo punto, l’arte
diventa inutile, riciclata, non smuove più niente, se non interessi commerciali
e finanziari, finendo per produrre gadget estetici funzionali solo al cattivo
gusto universale. Già in altri saggi tradotti in Italia (La sparizione
dell’arte, L’agonia del potere), Jean Baudrillard si era espresso negli
stessi termini, scagliandosi con indignazione contro la subdola prevaricazione
del controllo, della dissuasione, della neutralizzazione,
esercitata in primo luogo dai media, che ci riducono a diventare “dei
riciclati, degli zombi”, affascinati dalla visibilità ubiqua, dalla trasparenza
immediata, dal Grande Fratello internazionale che trasforma la realtà in
un reality totalizzante e totalitario. “Si pretende che la grande impresa
dell’Occidente sia quella della mercantilizzazione del mondo, di aver
abbandonato tutto al destino della merce. È vero, ma bisogna vedere come la
grande impresa dell’Occidente sarà stata piuttosto quella dell’estetizzazione
del mondo, della sua messa in scena cosmopolita, della sua messa in immagine,
della sua organizzazione semiologica… Tutto, anche il più insignificante, il
più marginale, il più osceno, si culturalizza, si museifica, si estetizza”,
trasformando persino la tragedia della sofferenza in spettacolarità virtuale. Se
tutto è per tutti simultaneamente politico, sessuale ed estetico, ecco che non
esiste più politica come mediazione, sesso come amore e piacere, arte come
bellezza. Non esiste più avanguardia perché non c’è nulla da anticipare, né
informazione obiettiva poiché ogni avvenimento si trasforma in spettacolo, non
produzione ma solo ri-produzione. Qualsiasi espressione supera sé stessa,
arriva all’oltre, al “trans” e al “post”.
L’arte e la critica dell’arte sono scomparse proliferando i loro segni
all’infinito, riciclando forme passate e attuali, eliminando qualsiasi criterio
di giudizio: tutto è arte, quindi niente è più arte. Ogni cosa prodotta
viene utilizzata, sfruttata, sacralizzata nell’arte. Non solo nei musei e nelle
gallerie, nei luoghi deputati della cultura: ma ovunque, nelle strade, sui
muri, nella banalità degli oggetti più comuni. Assistiamo a “una proliferazione
di segni all’infinito, riciclaggio all’infinito di forme passate o attuali (il
grado Xerox della cultura), ma dove non esiste più alcuna regola fondamentale,
alcun criterio di giudizio, alcun piacere”. Baudrillard (1929-2007) ha avuto il
coraggio di sottolineare il paradosso cui assistiamo da anni: a un sostanziale
immobilismo, all’inerzia, alla mancanza di ispirazione, profondità e
originalità di chi opera artisticamente, corrisponde una frenesia produttiva,
un movimento convulsivo e proliferante dei prodotti artistici, nella nostra era
“del simulacro e della simulazione”, delle fake news imperanti, in cui il vero
non si distingue più dal falso, e il veicolo del messaggio diventa più
importante del contenuto.
Forse il simbolo più rappresentativo di questa nuova
funzione dell’arte è stato Andy Warhol: “Warhol non appartiene alla storia
dell’arte. Appartiene al mondo, molto semplicemente. Non lo rappresenta, ne è
un frammento, un frammento allo stato puro. Ecco perché, visto nella
prospettiva dell’arte, egli può essere deludente. Visto come rifrazione del
nostro mondo, è di un’evidenza perfetta”.
L’arte, perduta la sua autonomia creativa, si definirà come pura tecnica,
industria, artigianato rituale, o sparirà del tutto: “non sarà stata che una
parentesi, una sorta di lusso effimero della specie”.
Se nella mistificazione orgiastica di ciò che appare finisce per sparire la
realtà, forse l’unica possibilità di salvezza consisterà nel tornare
all’evidenza del mondo, alla sua concretezza.
Il pungente e provocatorio piccolo volume edito da SE si conclude con due
interviste all’autore e con un saggio di Sylvère Lotringer.
Jean Baudrillard
Il complotto dell’arte
Ed. SE 2020 - pp. 84
SCAFFALI
di
Anna Rutigliano
Città come recupero di un tempo interiore
indelebile e irripetibile.
Zurigo, Catania, Torino, Senigallia,
Salerno… spirando in lungo e in largo del Bel Paese, è il vento della memoria e
del ricordo a trasportare la gondola aerostatica di Città e Scrittori
composta da ben 36 autori (Di Felice Edizioni 2025, pagg.176), la nuova antologia
curata da Angelo Gaccione, nelle peregrinazioni dell’anima del suo equipaggio.
Cartografie emotive prima ancora che vere e proprie mappe turistiche, di
interesse storico-architettonico per i più curiosi visitatori, percorribili
persino in bicicletta per i più ecologisti, i luoghi in questione, si alternano
fra borghi rurali, adagiati fra monti di natura lavica e colline verdeggianti, quasi
a contemplare un paesaggio incontaminato e diffidente della modernità e città
industrializzate, pur con il loro aspetto regale ed elegante. Luoghi di
resistenza partigiana e di lotte operaie, un tempo capitali dell’Illuminismo,
in contrapposizione a città mercificate e ai non-luoghi, dalle cupe geometrie
in acciaio, dove all’occhio interiore dello scrittore non sfugge il processo di
cancellazione di ogni traccia di memoria operato dalla cementificazione edilizia,
resiliente, tuttavia, nei meandri dell’immaginazione, attraverso sogni barocchi,
preghiere poetiche e preziosi sedimenti di granelli di minerali e cristalli. E
ancora cortili, cuore e motore della vita contadina, quali spazi di riunioni
familiari, spiragli di luce e speranza, di libertà. Paesi e città natali in cui
ritrovare pace e spiritualità, dagli odori gastronomici inconfondibili, ma
anche terre lasciate per necessità di studio o per lavoro, verso un altrove
apparentemente migliore e accogliente, ma mai luoghi traditi, che rivivono nei
ricordi e negli echi di storie. A completare la mappatura emotiva svettano fiere
e nostalgiche le città marittime, dalle spiagge di fine sabbia di velluto, che furono
un tempo testimoni di passeggiate meditative e di primi amori adolescenziali,
con il mare segretamente in ascolto. Se il milieu di matrice zoliana, letteralmente
il luogo di mezzo, è fattore determinante del destino identitario di ciascun individuo,
ogni città di questa antologia è, per gli scrittori che vi sono nati, mezzo di
riflessione, sul rapporto unico con la propria terra d’origine, per alcuni
versi, dai toni ironici di critica socio-economica, per altri, come riconciliazione
con sé stessi e di recupero di un tempo interiore
indelebile e irripetibile.
SPIGOLATURE DOMENICALI
di
Luigi Mazzella
Spigolature lievi in una domenica
di primavera.
Non sempre l’inganno
viene raggiunto con il falso. Anche il vero può servire alla scopo. Faccio
degli esempi: l’invecchiamento. Se ricordo il detto di Solone: Più
invecchio, più imparo! devo rilevare, in termini generali, la sua
ineccepibilità. Al tempo stesso mi corre l’obbligo di sottolinearne la sua
ambiguità e ambivalenza con la domanda ulteriore: più imparo, ma che cosa?
Faccio un esempio personale. Se da laico vedo che un vecchio miscredente impara
un catechismo religioso, non darei, in termini (ovviamente) solo specifici e
individuali, un giudizio positivo di un
tale apprendimento. Altri, invece, sì, per ragioni opposte alle mie.
L’oratoria. Lo stesso è da
dirsi per ciò che si può affermare in favore di un brillante oratore. Di fronte a gente che ha
un eloquio forbito e che sa usare parole
dal suono piacevole e accattivante, la domanda è: ma per dire cosa? A
volte quel lessico esprime concetti anche turpi, tende a sollecitare istinti
perversi, eccita la cattiveria umana e sospinge verso azioni malvage. E allora?
C’è un proverbio (forse solo soprattutto) sui preti che esprime bene questa
idea: predicano bene ma razzolano male! Altre volte, invece, quelle parole
alate sono il giusto veicolo di concetti nobili e superiori. La scrittura.
Si elogia, comunemente un elegante e raffinato scrittore (saggista,
narratore, giornalista o poeta che sia). Di lui e di tanta gente si può dire
che “scrive bene”, ma di quanti, in una tale moltitudine di scrittori possiamo
dire che esprimono pensieri ragguardevoli, sul piano logico e razionale? Se
fossero veramente tanti, le “male lingue” (come la mia) si guarderebbero bene
dal dire che in Occidente, a parte poche eccezioni, è stato costruito un
castello immenso di parole che soddisfa gli emotivi e i passionali per
vocazione e gli eruditi, ma non i colti
e i razionali che non vi scorgono “cultura” nel senso profondo del termine. Conclusione:
invecchiare, imparando; parlare bene;
scrivere meglio… la domanda è sempre quella: per quale risultato?
DUE POESIE
Appunti incompiuti di viaggio
di Giovanni Borroni
Giovanni
ci ha lasciato nel marzo del 2025 dopo fulminea malattia. Quando lessi per la
prima volta queste poesie mi parvero il lascito disincantato di un uomo ironico
incamminato verso la vecchiaia. Alla luce di quanto accaduto a marzo questo
libro postumo ha preso le sembianze di un testamento e, ai miei occhi, ogni
verso pare un consapevole e sereno addio. Ma noi sappiamo che non era questa la
sua intenzione; Giovanni non poteva immaginare quello che sarebbe successo,
sono le parole ora ad avere acquisito un senso differente. Forse è questo il
mistero della vera poesia, delle parole destinate a sopravviverci. [Giuseppe
Airaghi]
“Se
la vita non ci sa stupire, forse non la stiamo davvero vivendo. Non serve
inseguire imprese o eroismi per farlo, se non ce ne siamo costretti, per fare
di essa un’avventura e ogni attimo l’occasione per coglierne la complessità e,
tuttavia, la sua naturalezza. È proprio quest’ultima caratteristica, che si può
cogliere solo quando non se ne faccia un feticcio metafisico, che la rende così
significativa. I nostri miti, i nostri sogni, la vita possono colorarla e
farcela godere anche senza snaturarla e farne un idolo da custodire o venerare,
servire o temere, ma mai davvero e semplicemente partecipare. Noi ne siamo
manifestazione transitoria e locale, siamo parte di lei e del suo divenire
universale, come lei stessa, e non viceversa: lei come virtù donataci come
fossimo entità al di fuori del tutto e fatti di una sostanza estranea ad esso,
che senza di lei non esisteremmo né mai esistemmo… Gli appunti di viaggio che
seguono sono allora solo il diario intimo di un gioco ogni volta reinventato e
profondamente sperimentato”. Giovanni Borroni
Penultime volontà
Figlio, ciò che ti lascio è quello che
non so
e l’ansia di sapere quello che c’è più
in là;
la mia certezza è il dubbio, la soglia
del futuro
tu chiamala ignoranza, io curiosità.
Figlio, ti lascio quello che io non ho
saputo
fare o disfare, un po’ anche per viltà
ma senza rinnegare ciò che sentivo vero
solo per non sentirmi in colpa o
vanità.
Figlio, ti lascio quello che so d’aver
sbagliato,
ma sappi che l’ho fatto senza
disonestà;
ti restano i miei limiti, ora, da
superare:
non te ne vergognare ed abbine pietà.
Figlio, ti avessi avuto, questa sarebbe
stata,
senza pudori o debiti, la mia eredità
ma dato che non sei stato, altro che
un’idea
darò questo mio lascito a chiunque lo
vorrà.
Io e la vita
La vita è una puttana dispettosa
che mi graffia di continuo il volto
e mi sporca i capelli e mi lascia
le sue ciprie, le sue polveri di gesso.
Sospetto che lentamente mi avveleni,
mi fa sgambetti e quindi mi schernisce,
promette mille volte e poi mi inganna,
mi alletta, si fa inseguire e scappa via.
Però confesso, ho le mie colpe anch’io
l’ho sempre usata e spesso maltrattata;
l’ho mal pagata e a lungo l’ho venduta
ed ho sfruttato di lei quel che ho
potuto.
Quindi credo che il bilancio chiuda in
pari
e dunque continuiamo a frequentarci
senza rimpiangere di trovarci ogni
mattina
a chiederci oggi a che gioco
giocheremo.
Giovanni
Borroni
Appunti
incompiuti di viaggio
ChiareVoci
Edizioni 2025
Pagine
99 - € 12.00
A
TUTTO IL DOLORE...
di Laura
Margherita Volante
A tutto il dolore patito
nulla
può dare consolazione.
Sono l’indifferenza e
l’ingratitudine a radere
ogni sentire.
Sono la mancanza e mai
l’attenzione a stupirne
l’anima,
al respiro della nuvola nera
e non la rugiada.
Con tutto il dolore patito
nulla consola...
Non c’è il figlio e neppure
l’amico presi dai rovi di
more e
non di mirto...
con lo sguardo a terra
si perdono
nei trifogli e le ortiche.
Con tutto il dolore patito
nulla consola
neppure l’amore che
danza...
un ballo in maschera.
sabato 31 maggio 2025
ALTA VELOCITÀ. IDRA SCRIVE AL PRESIDENTE
L’Associazione
di volontariato Idra scrive al presidente della
Commissione Urbanistica di Palazzo Vecchio.
“Gentile
Presidente, Le scriviamo per informarLa di alcune circostanze che forse
sfuggono”. Così Idra a Renzo Pampaloni, che presiede a Palazzo Vecchio la Terza Commissione “Territorio, urbanistica,
infrastrutture, patrimonio”.
Da una sua nota-stampa del 6 aprile si apprendeva
infatti, dopo un riferimento ai “due tunnel sotterranei in fase di realizzazione
mediante l’utilizzo di particolari frese”, che “è stato spiegato ai
consiglieri” che “il terreno rimosso viene trasportato direttamente a Cavriglia
tramite convogli ferroviari”. In realtà, osserva Idra, le terre dei tunnel non
arrivano più a Cavriglia, e a scriverlo è la presidente dell’Osservatorio ambientale
di Santa Barbara istituito dal Ministero per seguire l’attuazione del progetto
di riambientalizzazione nella ex area mineraria. Le terre scavate dalle
supertalpe Iris e Marika non possono più arrivare in Valdarno a causa dei tempi
di asciugatura superiori alle previsioni.
Una circostanza che determina la saturazione della superficie di
deposito delle piazzole, che ha portato al conferimento di circa 105.000
tonnellate di sottosuolo fiorentino presso impianti di gestione rifiuti
autorizzati. “Quali fonti ha utilizzato la Commissione per ottenere le
informazioni da Lei pubblicate sul portale del Comune di Firenze?”, chiede
quindi Idra al presidente Pampaloni. E ancora, in un comunicato di pochi giorni
fa, si legge che “è emersa l’opportunità di creare dei tavoli lavoro tematici
per definire tutte le opere complementari del passante Alta Velocità: non solo
la modalità per unire la nuova stazione con Santa Maria Novella ma anche la
realizzazione della stazione Circondaria e del sistema di accessibilità alla
nuova stazione”, in quanto “aspetti fondamentali per disegnare il ruolo della
stazione all’interno della città anche da un punto di vista urbanistico”. Alla
buon’ora! Idra segnala infatti al presidente che un’informativa sul ‘tavolo
tecnico con Regione Toscana e Comune di Firenze per le sistemazioni esterne
alla Stazione’ è stata già all’ordine del giorno di un incontro fra
Rfi e l’Associazione ecologista calendarizzato ad aprile 2023. Da allora, tutti
i successivi incontri di Idra con Rfi hanno dato come esito la notizia del perdurante
stallo di quel ‘tavolo tecnico’. “Appare dunque evidente come già due anni fa
si avesse la netta percezione di quanto sia delicato e critico l’impatto urbanistico
della bizzarra ubicazione della stazione AV in via Circondaria accanto al torrente
Mugnone”, osserva l’Associazione. “Adesso è anche ufficiale: non si è venuti a
capo di alcun modello di soluzione. I lavori sono proseguiti nell’apparente indifferenza
deli soggetti pubblici responsabili della tutela del territorio e della città,
Amministrazione Comunale in primis”. Le inesattezze sul piano informativo e i
ritardi su quello operativo che paiono contraddistinguere l’azione di Palazzo Vecchio
nella gestione di un’opera così rilevante, lunga e costosa portano quindi Idra
a chiedere esplicitamente al dott. Pampaloni se non ritenga anch’egli che rischino
di descrivere “una condizione di pericolosa spensierata superficialità”. Infine,
un richiamo alle tante richieste di audizione trasmesse alla Commissione dal
luglio 2023 all’ottobre 2024, rimaste senza riscontro: “Abbiamo anticipato i
temi e la documentazione delle criticità e delle apparenti illegittimità rilevate
monitorando l’attuazione del progetto Alta Velocità: continuiamo a ritenere utile
sottoporle alla Vostra attenzione”.
VERITÀ VO’ CERCANDO…
di Luigi Mazzella
Nell’Occidente dei cinque irrazionalismi e nella
sua appendice mediorientale (culturalmente omogenea, soprattutto sotto
l’aspetto religioso) il denaro, vero Dio unico di una
popolazione sempre più scontenta e in progressiva inquietudine
esistenziale, serve ad alimentare l’odio reciproco e guerre, permanenti e
“senza quartiere”, dichiarate formalmente o realizzate contro il cosiddetto
diritto internazionale (caduto ormai in sostanziale desuetudine) tra
fideisti e fanatici dell’assolutismo religioso o politico (che non può
conoscere, per sua natura, dialogo e accordi di sorta). Da preteso faro
della civiltà mondiale, la parte ovest del Pianeta è diventata, nel corso di
venti secoli, la sede della aggressività e della violenza, oltre che
dell’ipocrisia più smodata che, attraverso il possesso e il controllo
finanziario e politico del sistema informativo si avvale di una propaganda
oltraggiosa che sovverte a suo piacimento la portata di eventi, prodotti, come
diceva Craxi, da “manine misteriose” (che restano perennemente sconosciute). Di sicuro, in Occidente, v’è solo la constatazione
degli effetti successivi a una data e misteriosamente provocata
catastrofe: Guantanamo (e ciò che vi è connesso sul piano della
reintroduzione della tortura) rappresenta la conseguenza visibile
dell’attacco alle Torri Gemelle; la distruzione presso che totale di Gaza
e della popolazione palestinese costituisce l’effetto
sproporzionato del bombardamento di Tel Aviv contro i militanti di Hamas. Quando
non si riesce a condizionare la produzione dell’evento,
la propaganda interviene per dare al “popolo bue” una certa (e
per i propri interesse, utile) visione e così il soccorso in favore di
minoritarie popolazioni massacrate dalla violenza di miliziani neo-nazisti
Ucraini diventa invasione di un territorio altrui per fini espansionistici ed
imperialistici. E ciò, nonostante che la Storia dei rapporti di quel Paese
(liberato dall’Armata Rossa nel 1944) con il Nazismo rimonti al 1941, quando il
suo territorio fu occupato dai tedeschi e sottoposto a politiche naziste,
inclusi un diffuso proselitismo ideologico e la persecuzione degli ebrei e
di altri gruppi etnici che avvenne con una forte e significativa partecipazione
di collaborazionisti locali. E ciò senza dimenticare
che nel maggio del 2021, in un raduno tenutosi a Kiev si è celebrato il
nazismo, chiedendo e ottenendo il riconoscimento degli Ucraini nazisti come
“eroi”. Conoscere la verità,
alterando leggermente il verso Dantesco, per l’uomo Occidentale
rappresenta ormai una meta irraggiungibile. Ciò che lascia più sconcertati
e avviliti è che a credere alle false (e chiaramente irreali) apparenze e alle
frottole propagandistiche siano anche individui che hanno ricoperto, ricoprono
e verosimilmente ricopriranno nella res publica importanti
incarichi, oltre che di direzione, anche di governo.
Iscriviti a:
Post (Atom)